LE-CHIESE-PRUSSIANE NELLA-OBLAST-DI-KALININGRAD: GOOGLE-EARTH-PER-ILPATRIMONIO CULTURALE-A-RISCHIO

Anche un “viaggiatore virtuale” può contribuire a monitorare il patrimonio culturale a rischio, servendosi delle possibilità offerte da Internet di navigare senza abbandonare il proprio studio. Un’escursione nella provincia più occidentale della Russia, poco conosciuta dagli europei contemporanei, rivelerà quindi il degrado in cui versano chiese e edifici di valore storico-artistico di origine prussiana nella Oblast di Kaliningrad – dal nome di Michail Ivanovich Kalinin, rivoluzionario e membro di spicco del Partito comunista sovietico – prima nota come Königsberg, la città di Immanuel Kant.

1. Immagini satellitari

Molti istituti internazionali già utilizzano Google Earth come ausilio per controllare la situazione del patrimonio culturale. Attraverso le immagini satellitari è possibile valutare la situazione di siti archeologici a rischio ed evidenziare le possibili minacce a cui sono sottoposti. Nel 2011, ad esempio, il Global Heritage Fund ha lanciato un nuovo sistema di allarme che utilizza Google Earth e altri strumenti satellitari per proteggere i siti culturali dal pericolo di incendi e saccheggi, ma anche dalla presenza di un turismo invadente e non sostenibile [1].

La collaborazione fra Google e UNESCO – attraverso Google Maps, Google Earth e Google Street View -, inoltre, ha condotto alla mappatura dei luoghi inseriti nella Lista dei siti patrimonio dell’umanità [2].

Anche un’applicazione domestica di Google Earth, però, può dare i suoi frutti. E può testimoniare come alcuni pregevoli monumenti, appartenenti a un passato che non interessava, o che si è voluto dimenticare, versino in condizione di totale abbandono.

2. La Oblast di Kaliningrad

Tante località nella provincia della Prussia orientale (Ostpreußen) avevano già dovuto cambiare il nome storico nel 1938: spesso i vecchi nomi, che alle autorità sembravano troppo prussiani o lituani, vennero sostituiti con nomi più “germanici” e adatti alla toponomastica nazista. Verso la fine della Seconda guerra mondiale, con l’avanzata dell’Armata Rossa, buona parte della popolazione tedesca cercò di abbandonare il territorio, per evitare violenze e deportazioni [3].

Dopo 700 anni di presenza tedesca sul territorio della Prussia orientale, la cui parte settentrionale venne consegnata all’Unione Sovietica nel 1945, esistevano ancora più di 200 chiese; di queste 134 erano completamente illese, mentre 70 avevano subito danni di vario tipo. Fra il 1946 e il 1948, con la colonizzazione del Paese da parte di popolazioni provenienti da diverse regioni dell’Unione Sovietica, cominciò un nuovo periodo, in cui il passato prussiano venne cancellato o rimosso, per costruire una nuova identità sociale. Nel 1950 la popolazione della regione era ormai esclusivamente sovietica. Le chiese luterane o cattoliche, non più utilizzate come luogo di culto, vennero distrutte per estrarne materiali da costruzione, oppure utilizzate come magazzini, stalle o case di cultura.

A Königsberg, gli edifici che costeggiavano gli stretti vicoli, dove non sarebbe potuta passare la tramvia, vennero abbattuti per consentire la realizzazione di ampi viali con alberi e giardini pubblici, e fu spianata una vasta area del centro per edificare, al posto del castello, il grande Palazzo dei Soviet, mai utilizzato. Il palazzo prevedeva sulla sommità «un faro alto, visibile già da lontano, che deve sottolineare il carattere di Kaliningrad come porto» [4].

I nuovi, eterogenei abitanti della Prussia orientale si adattarono al paesaggio e all’ambiente architettonico, incorporando nella loro quotidianità gli edifici prussiani ancora agibili. Nel corso degli anni, il prestigioso passato della regione troverà un riflesso nei piani urbanistici e in nuovi edifici, costruiti in stile traditional prussian [5].

«The cultural and material environment, which had been created by the German population deported from the region after the war, was gradually domesticated and turned into home. It is true that much of the pre-war heritage was destroyed. However, in order to understand who the Kaliningrad people are, the processes of their contact with other cultural traditions are even more significant, specifically the processes during which the East Prussian past was endowed with new meanings and significations» [6].

Negli anni Cinquanta 26 chiese vennero totalmente distrutte. Gli anni Sessanta segnarono il culmine della devastazione: 29 demolizioni, di cui 11 a Kaliningrad; negli anni Settanta 14, negli anni Ottanta 10, mentre altri edifici vennero distrutti negli anni Novanta.

La perdita del patrimonio culturale rappresentato solo dalle chiese (senza parlare di castelli o altre costruzioni di valore storico) ammonta a 158 edifici [7]: un tragico bilancio che continua a crescere, come si può osservare “visitando” la Oblast di Kaliningrad con il programma Google Earth.

3. Viaggio virtuale fra un patrimonio in rovina

Una piccola selezione di chiese prussiane in rovina nella Oblast di Kaliningrad, scelte fra numerose altre possibilità, può rendere un’idea della quantità e della qualità degli edifici da tutelare [8].

Marjino, oggi più noto come Rodniki (Arnau)

Posizione: 54° 42′ 02.35″ Nord, 20° 40′ 03.73″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Königsberg, oggi nel rajon russo di Kaliningrad.

La chiesa [Fig. 1], ricordata per la prima volta nel 1322, fu edificata nel Trecento ed è uno dei più importanti monumenti dell’epoca, realizzato sotto l’influenza dell’Ordine Teutonico. Costruita in mattoni su una base di pietra viva, la navata si conclude con un coro dotato di chiusura poligonale a 5/8, tradizionale negli ordini cavallereschi. Le volte stellari [Fig. 2] vennero decorate con motivi floreali; la torre, accostata ad ovest alla navata, è coperta da una guglia piramidale. L’interno è ornato da affreschi medievali di pregevole valore artistico [Fig. 3].

La chiesa uscì illesa dalla Seconda guerra mondiale, ma in seguito gli arredi vennero distrutti e la torre e il tetto originale demoliti per estrarne mattoni e travi. Si predisposero inoltre modifiche all’interno della chiesa per poterla utilizzare come magazzino.

Un’iniziativa tedesca ha cercato di salvare la chiesa dalla rovina prima che fosse troppo tardi, ma la cessione dell’edificio alla Chiesa ortodossa russa ha bloccato ogni iniziativa in proposito. I tedeschi, di conseguenza, hanno sospeso i finanziamenti per il recupero della chiesa, in attesa che le autorità dell’oblast rispettino gli accordi conclusi per salvare questo importante monumento [9].

Chrabrowo (Powunden)

Posizione: 54° 53′ 28.18″ Nord, 20° 33′ 52.89″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Königsberg, oggi nel rajon russo di Gurjewsk.

La chiesa di Santa Barbara [Fig. 4] viene menzionata per la prima volta nel 1325. La navata principale fu eretta fra il 1325 e il 1350; il coro aggiunto alla fine del Trecento. Nel Quattrocento fu aggiunta una sagrestia a sud-ovest, mentre la torre integrata nella navata sul lato occidentale fu completata fra il 1843 e il 1862. Costruita con mattoni intonacati su una muratura basamentale di pietra viva, la chiesa mostra il tipico motivo romboidale che caratterizza gli edifici dell’Ordine Teutonico, formato da mattoni a doppia cottura [Fig. 5]. La differente esecuzione e finitura superficiale, insieme ai mattoni tradizionali, consentiva di realizzare delle composizioni geometriche che, nell’insieme, davano vita a elementi decorativi. Interessante notare che gli elementi decorativi fungevano anche da struttura.

La chiesa uscì illesa dalla guerra. Fu quindi usata come club, poi danneggiata da un incendio e in parte usata dagli ufficiali delle forze armate come cava per estrarne materiale da costruzione per le proprie autorimesse. In seguito a un incidente, ai soldati fu proibito di servirsi ancora dell’edificio. Nella primavera del 1988 la chiesa, in buona parte demolita, faceva già un’impressione piuttosto desolante [10].

Wladimirowo (Tharau)

Posizione: 54° 33′ 33.47″ Nord, 20° 31′ 58.70″ Est; in passato nel distretto (Kreis) Preußisch Eylau, oggi nel rajon russo di Bagrationowsk.

La navata della chiesa – in mattoni su una base di pietra viva – fu costruita nel secondo quarto del Trecento [Fig. 6]. In origine aveva un soffitto a volta, a cui si sostituì un soffitto orizzontale in legno intonacato. Il coro rettangolare e la sagrestia adiacente furono aggiunti fra il 1360 e il 1380. L’atrio meridionale risale al 1623. La torre mostra contrafforti agli angoli e le tipiche decorazioni romboidali in mattoni a doppia cottura. La parte superiore della torre e i due frontoni a gradini a ovest e a est del tetto a due spioventi vennero aggiunti nel Cinquecento. Nel 1911 la chiesa fu restaurata e fornita nuovamente di volte.

La Seconda guerra mondiale provocò pochi danni alla chiesa, che venne in seguito utilizzata come deposito e nelle cui pareti vennero aperti dei varchi per poter entrare con i camion. In seguito il tetto incominciò a lasciar filtrare l’umidità, ma nessuno intervenne per fermare il degrado.

Nel 1990 le autorità locali affidarono l’edificio a una ditta che avrebbe dovuto restaurarlo per poi consegnarlo alla Chiesa ortodossa russa. I lavori però non sono stati effettuati, a parte qualche intervento sul tetto. Cosi la chiesa rimane vuota e abbandonata e il suo stato peggiora di giorno in giorno. Dell’arredo, fra cui un altare del 1688 e un pulpito del 1689, non è rimasto niente [11].

Snamensk (Wehlau)

Posizione: 54° 37′ 06.06″ Nord, 21° 13′ 51.24″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Wehlau, oggi nel rajon russo di Gwardejsk.

La località, situata sulle rive dei fiumi Lava (Alle, in tedesco) e Pregolja (Pregel), fu scenario di molti combattimenti, che videro protagonisti, nel tempo, “pruzzi”, lituani, svedesi, russi, l’Ordine Teutonico e l’armata di Napoleone. È nota soprattutto per il Trattato di Wehlau del 1657, con cui il re di Polonia Giovanni Casimiro riconobbe la sovranità di Federico Guglielmo sul ducato di Prussia .

Nel gennaio 1945 la città, già in mano alle forze armate sovietiche, venne in buona parte distrutta durante il tentativo tedesco di riconquistarla.

Fra gli edifici meno danneggiati rimase la chiesa parrocchiale di San Jacopo, una delle più importanti dell’Ordine Teutonico [Fig. 7]. La parte più antica era costituita dal coro e dalla sagrestia (1360-1380 ca.). A partire del Quattrocento furono costruite le tre navate coperte da volte su pilastri ottagonali, adiacenti al coro dotato di frontone rettangolare, e la massiccia torre – anch’essa in mattoni secondo la tipica tradizione costruttiva locale – integrata nella navata principale.

Dal 1945 l’edificio fu usato come deposito; negli anni Sessanta venne fatto un tentativo di farlo saltare in aria: le volte e alcune mura crollarono, ma le mura principali e la torre (priva del tetto) rimasero intatte. Fino al 1994 nessuno si preoccupò dell’edificio in rovina. Dal 1994 al 1996 vennero realizzati alcuni lavori di conservazione, finanziati dai tedeschi originari della città. In questo modo la parte alta delle mura venne coperta di uno strato di pietra, e la torre ricevette un nuovo tetto su modello di quello precedente[12].

Kaschtanowo (Almenhausen/Neu Waldeck)

Posizione: 54° 29′ 31.77″ Nord, 20° 48′ 04.04″ Est; in passato nel distretto (Kreis) Preußisch Eylau/Bagrationowsk, oggi nel rajon russo di Prawdinsk.

La chiesa parrocchiale [Fig. 8], fondata nel 1365, originalmente apparteneva al monastero dei frati eremiti Agostiniani di Patollen vicino a Groß Waldeck nello stesso distretto. Situata nel comune di Almenhausen, fu chiesa evangelica fin dalla Riforma protestante. La navata rettangolare, costituita di mattoni intonacati, poggia su una base di pietra viva. La torre integrata ad ovest è ornata con il tipico motivo romboidale formato da mattoni a doppia cottura.

Alla fine della guerra la chiesa era rimasta integra, in quanto solo la torre aveva ricevuto un colpo di artiglieria. Nel periodo seguente gli arredi, fra cui un polittico del 1596, di scuola di Lucas Cranach il Giovane, un pulpito del 1719 e l’organo di Johann Josua Mosengel del 1720 andarono distrutti. La chiesa venne usata come deposito di materiali da costruzione. Negli anni Ottanta cominciò il declino dell’edificio; nel 1990 i tetti erano già in uno stato desolante, le capriate erano marce e le mura si stavano sgretolando. Nel 1996 è crollato il tetto e la chiesa è andata completamente in rovina[13].

Romanowo (Pobethen)

Posizione: 54° 53′ 48.39″ Nord, 20° 16′ 29.98″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Fischhausen, oggi nel rajon russo di Swetlogorsk.

Il paese viene menzionato per la prima volta nel 1258; la chiesa [Fig. 9 – Fig. 10] era una delle più imponenti della regione di Samland.

La chiesa non fu danneggiata dalla guerra, ma venne in seguito utilizzata come deposito di fertilizzanti e fu praticato un varco nel muro del coro per farvi entrare i camion.

La torre venne distrutta fino all’altezza della navata e alla fine degli anni Ottanta l’edificio versava in uno stato deplorevole. Negli anni Novanta ciò che rimaneva della chiesa fu consegnato alla Chiesa ortodossa. Nonostante la presenza di un cartello che dichiara la chiesa monumento di valore storico, i primi lavori di restauro vennero sospesi e l’edificio sta andando sempre più in rovina [13].

Kumatschjowo (Kumehnen)

Posizione: 54° 49′ 12.83″ Nord, 20° 12′ 45.41″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Fischhausen, oggi nel rajon russo di Swetlogorsk.

Il vecchio paese – già menzionato nel 1390 come Bischofsdorf (possesso del vescovo di Samland) – e la chiesa [Fig. 11] si trovano ai piedi di una collina. Costruita in mattoni su una base di pietra viva, la navata, del tardo Trecento, mostra esternamente, lungo la facciata sud, una serie di finestre e finestre cieche ogivali. Le volte stellari a copertura della navata, crollate verso il 1640, furono sostituite nel Settecento da un soffitto a travi dipinte.

In una foto degli anni Cinquanta è ancora possibile vedere la chiesa illesa e priva solamente delle tegole del tetto. Nel 1989 la chiesa venne usata come deposito agricolo ed è ancora presente un granaio lungo la parete sud. Nella parete est del coro è stata praticata una vasta apertura per il passaggio dei camion. La torre è crollata, il bel portone chiuso da un muro, la sagrestia non esiste più. Gli arredi di valore artistico, raccolti dal Trecento al Seicento, sono andati distrutti. Le capriate del tetto sono marce, mancano le tegole e la parete nord del coro si sta sgretolando. Dal 1994 la chiesa non viene più usata [15].

Poretschje (Allenau)

Posizione: 54° 25′ 51.81″ Nord, 21° 02′ 58.57″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Bartenstein, oggi nel rajon russo di Prawdinsk.

L’edificio si trova a sud-est di Prawdinsk (Friedland), a circa 3 km dalla frontiera polacca. In epoca napoleonica, i dintorni di Friedland furono scenario di una battaglia, che vide, nel 1807, le truppe francesi vittoriose su quelle russe e prussiane.

La battaglia viene ancora rievocata con figuranti in costume che combattono di fronte alle quinte scenografiche delle case e della chiesa della storica città di Friedland che, a differenza di quella di Allenau/Poretschje, è una delle poche vecchie chiese della oblast ancora ben tenute.

La chiesa parrocchiale di Allenau [Fig. 12], costruita tra la fine del Trecento e l’inizio del Cinquecento, è un piccolo edificio in mattoni su una base di pietra viva.

Poco danneggiata durante la guerra, fu usata come deposito fino agli anni Novanta. Nel 1989 la torre si presentava quasi illesa, eccetto per un colpo di artiglieria sul lato meridionale; la navata, invece, mostrava una breccia nel frontone orientale, causata da un colpo di cannone. La sagrestia è distrutta, ma le croci e le banderuole sulle guglie della torre resistono ancora come – fino a qualche mese fa – anche la croce sulla torretta decorativa più alta del frontone a gradini nella parete orientale. La mancanza di ogni tipo di manutenzione dapprima ha fatto crollare il tetto e poi ha causato il crollo dell’intera navata. Oggi la chiesa – a parte la torre – è totalmente in rovina, e nel 2012 è crollato anche il pittoresco frontone orientale [16] [Fig. 13].

Schelesnodoroschnyj (Gerdauen)

Posizione: 54° 21′ 45.70″ Nord, 21° 18′ 16.93″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Gerdauen, oggi nel rajon russo di Prawdinsk.

La cittadina (“città della ferrovia”) fu fondata come punto di difesa da un nobile “pruzzo”. La chiesa fu eretta nel secondo quarto del Quattrocento. La parete nord della navata, una costruzione tipica in mattoni, rimase senza finestre perché integrata nelle mura del nucleo della città; la torre, con il tetto a spioventi, si presenta rafforzata da enormi contrafforti.

L’edificio [Fig. 14 – Fig. 15] sopravvisse alla guerra senza danni (eccetto nella parte superiore della torre) e venne utilizzato come casa di cultura (dom kultury) fra il 1948 e il 1957. In seguito fu abbandonato e rimase esposto ai vandalismi. Dopo un incendio cominciò la decadenza: negli anni Settanta crollarono il tetto e parte del frontone orientale, nel 1988 crollò un’altra parte del tetto. Negli anni Novanta esistevano ancora la torre, le pareti della navata e la base della sagrestia. Con l’assistenza di un centro tedesco specializzato iniziarono i lavori di restauro, venne riparato il tetto della torre e furono chiuse le aperture di qualche muro. Dal 1998 si può nuovamente salire fino alla cima della torre [17].

Osjorsk (Darkehmen, dopo il 1938: Angerapp)

Posizione: 54° 24′ 39.70″ Nord, 22° 00′ 42.48″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Darkehmen, oggi nel rajon russo di Osjorsk.

Darkehmen viene menzionata a partire dal Seicento; nel Settecento ospitava – come altre località della regione – tantissimi profughi evangelici di Salisburgo. La città è ancora oggi ricordata orgogliosamente per essere stata la prima ad avere introdotto l’elettricità in Prussia, nel 1886. La chiesa invece, situata in mezzo alla città, purtroppo non ha goduto di altrettanta attenzione [Fig. 16 – Fig. 17]. La prima costruzione, in legno, risale al 1615; una nuova chiesa fu consacrata nello stesso luogo nel 1754 e dal 1836 si costruì un nuovo edificio, nello stile dell’epoca fortemente influenzato dal famoso architetto prussiano Karl Friedrich Schinkel (1781-1841). Il tempio fu consacrato il 9 ottobre 1842, nel 1892 venne edificata la torre.

Alla fine della Seconda guerra mondiale un terzo dell’area risultava distrutta. La chiesa non fu danneggiata durante i combattimenti, ma la presenza delle doppie gallerie in legno, comuni nelle chiese luterane, non permise di utilizzare l’edificio in alcun modo.

Vennero così chiuse le porte e le finestre, e nessuno si preoccupò più della manutenzione della chiesa. Nel 1991 vennero rimosse le campane – né si sa dove siano finite – e nel 1994 è iniziata la totale rovina dell’edificio: il tetto della navata è crollato, la torre con la guglia non durerà ancora a lungo e all’interno della chiesa crescono gli alberi [18].

Salessje (Mehlauken, dopo il 1938: Liebenfelde)

Posizione: 54° 50′ 35.96″ Nord, 21° 31′ 14.75″ Est; in passato nel distretto (Kreis) di Labiau, oggi nel rajon russo di Polessk.

La chiesa [Fig. 18 – Fig. 19] è una rarità nella Prussia orientale, opera dell’architetto Friedrich August Stüler (1800-1865), già coinvolto nel progetto della Friedenskirche a Potsdam e autore di edifici monumentali di importanza europea, come il Neues Museum di Berlino o l’Università di Königsberg/Kaliningrad. Stüler realizzava le idee del re Friedrich Wilhelm IV, che aveva maturato la sua preferenza per le chiese in stile basilicale e protocristiano, con campanile separato, durante i suoi viaggi in Italia. Negli anni Quaranta dell’Ottocento venne progettata e realizzata da Stüler la chiesa di Mehlauken, consacrata nel settembre 1846.

La chiesa, uscita indenne dalla guerra, oggi si presenta in condizioni penose e totalmente priva di arredi. Benché nel 1993 il tempio sia stato assegnato alla Chiesa ortodossa russa ormai l’edificio è in uno stato di abbandono deplorevole.

Le navate, fino a un anno fa provviste di tetto, oggi sono scoperte; gli alberi crescono sulle mura parzialmente crollate e anche il campanile inizia a dare segni di cedimento. È decisamente auspicabile che si intervenga per conservare questo unico esempio ottocentesco di architettura religiosa prussiana presente nella Oblast di Kaliningrad [19].

4. sviluppi e nuove polemiche

«Si parla poco, in Italia, delle norme varate in Russia per la restituzione alla Chiesa ortodossa dei beni ecclesiastici espropriati dallo Stato sovietico dopo il 1917» [20]: una lettera pubblicata sul «Corriere della Sera» del 2011 ci spiega come mai alcune delle chiese che abbiamo incontrato siano state affidate alla Chiesa ortodossa russa, causando, in alcuni casi, la sospensione dei lavori di restauro.

«La legislazione del governo federale sta avendo ripercussioni del tutto particolari nella regione di Kaliningrad, ex Prussia orientale e nella ex città di Königsberg. Qui, gli edifici religiosi divenuti proprietà statale dopo il 1945 non erano chiese ortodosse, ma cattoliche o protestanti. In non pochi casi quelle che non erano in rovina sono state recuperate per usi culturali graditi alla popolazione. Ma ora la locale amministrazione decide di donare agli ortodossi anche questi edifici, come già è accaduto per la chiesa cattolica divenuta sede della Filarmonica di Kaliningrad. Ci sono state proteste della cittadinanza e prese di posizione di membri della Duma regionale e di intellettuali contro una operazione che minaccia un apprezzato patrimonio culturale pubblico. Perché, ci si chiede, si scelgono per le donazioni edifici restaurati a caro prezzo mentre ce ne sarebbero tanti tra cui scegliere, ancora cadenti o semidistrutti? È chiaro a molti che sotto la copertura della Chiesa ortodossa si profilano organizzazioni affaristiche capaci di approfittare del favore di cui essa gode presso il governo di Mosca».

La risposta di Sergio Romano ripercorre la storia di quanto avvenne a Leopoli, nell’Ucraina occidentale, fra l’8 e il 10 marzo 1946, quando Stalin volle la convocazione di un Sinodo per bandire la Chiesa greco-cattolica ucraina e trasferire tutte le sue proprietà agli ortodossi, conseguendo così due obiettivi: eliminare dalle regioni occidentali dello Stato un avamposto “papista” e ricompensare la Chiesa ortodossa russa per la sua fedeltà al regime durante la guerra contro il Terzo Reich. Con la differenza che, continua Romano, quando l’Urss confiscò i beni degli uniati, la loro Chiesa contava alcuni milioni di fedeli, mentre oggi la popolazione di Kaliningrad è quasi totalmente russa e in maggioranza ortodossa. Dopo l’occupazione della Prussia orientale da parte dell’Armata Rossa, infatti, l’Urss non ebbe difficoltà a “degermanizzare” il territorio.

«La situazione accenna a cambiare da quando Vladimir Putin ha deciso di fare dell’enclave una sorta di finestra sull’Europa [21]. Nel corso di un viaggio, qualche anno fa, ho visto riapparire alcune tracce della vecchia presenza tedesca. Si stavano terminando i lavori per il restauro della cattedrale luterana. La statua di Immanuel Kant, il filosofo di Königsberg, è diventata una icona della città e la Albertina-Kant Universität ricorda nel suo nome due glorie della Prussia orientale: il grande filosofo e il suo fondatore Alberto di Prussia, gran maestro dell’Ordine Teutonico. Ma ho visto altresì una sfarzosa cattedrale ortodossa sorta da poco nel centro della città. Per concludere, […] credo anch’io che le chiese luterane e cattoliche dovrebbero essere restituite ai legittimi proprietari. Ma sul numero dei fedeli che le frequenteranno non mi faccio illusioni» [22].

Il problema, in realtà, non investe solo questioni religiose. Il provvedimento di cessione del patrimonio storico-artistico rappresentato dalle chiese prussiane alla Chiesa ortodossa, che non ha alcun tipo di relazione storica, sociale o culturale con questi edifici, ha sollevato molte proteste da parte della comunità locale, che si è sviluppata senza una forte identificazione con una particolare etnia o credo religioso.

Non è stato nemmeno lasciato spazio al dibattito, per chiarire come la Chiesa ortodossa intenda utilizzare le sue nuove proprietà: che sorte subiranno le organizzazioni locali ospitate negli edifici in buono stato e che cosa si prevede di fare con gli edifici in rovina.

A queste domande è stato risposto assicurando che non ci sarebbero stati grandi cambiamenti. Quelli che si ostinavano a chiedere quale fosse allora lo scopo della cessione sono stati etichettati come German agents [23].

Il passaggio delle chiese e dei castelli della Prussia orientale concessi dalla Duma alla Chiesa ortodossa comporta anche un cambiamento nella cultura e nelle pratiche locali degli attuali abitanti della regione di Kaliningrad. Fra i beni ceduti, vi sono il Teatro delle marionette, la chiesa costruita in memoria della Regina Luisa, la Filarmonica e la sua sala concerti nella Chiesa della Sacra Famiglia, il castello di Insterburg e la chiesa di Arnau. La decisione è stata presa senza considerare né la comunità locale né il significato che questi edifici ancora rivestono per i vicini Paesi europei.

Nel corso degli anni, il patrimonio culturale dell’antica Prussia nella Oblast di Kaliningrad è stato abbandonato e lasciato andare in rovina, o riutilizzato, non sempre in modo appropriato, dalla nuova comunità locale, ora ceduto e conteso, e ancora in attesa di essere rivalutato.

* Vorrei esprimere il mio ringraziamento a tutti coloro che mi hanno permesso di pubblicare le loro immagini e in particolare a Elena Franchi per la sua assistenza nella composizione del testo e a Olimpia Niglio per i preziosi suggerimenti.

NOTE

[1] Vedi, ad esempio, Using Google Earth to monitor threats to archeological sites, March 16, 2011, <http://news.mongabay.com/2011/0315-ghn.html>; Global Heritage Network, <http://ghn.globalheritagefund.org/>.
[2] Vedi <http://www.google.it/intl/it/landing/UNESCO/>; <http://whc.UNESCO.org/en/list>.
[3] Per la storia della regione e i dati sulla popolazione tedesca vedi A. Kossert, Damals in Ostpreußen. Der Untergang einer deutschen Provinz, Augsburg, 2011, in part. p. 168.
[4] Dalle parole dell’architetto M.R. Naumow pubblicate nella «Kaliningradska Pravda» del 30 aprile 1949, cit. in Kossert, Damals in Ostpreußen, cit., p. 187.
[5] O. Sezneva, Historical Representation and the Politics of Memory in Kaliningrad, Former Königsberg, in «Polish Sociological Review», 131, 2000, pp. 323-338, in part. p. 329.
[6] A. Karpenko, The debate over Kaliningrad’s architectural heritage: an insider’s perspective, in Eurozine, June 15, 2011, <http://www.eurozine.com/articles/2011-06-15-karpenko-en.html>.
[7] A. Bachtin, G. Doliesen, Vergessene Kultur. Kirchen in Nord-Ostpreußen. Eine Dokumentation, Husum, 1998, pp. 26-27. Vedi anche G.J. Asworth, J.E. Tunbridge, Old Cities, new pasts: Heritage planning in selected cities of Central Europe, in «Geojournal», 49, 1, 1999, pp. 105-116.
[8] I nomi delle località seguono la trascrizione proposta da Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit. Segue, fra parentesi, il nome tedesco.
[9] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 150; M. Antoni, Dehio-Handbuch, der Kunstdenkmäler West- und Ostpreußen. Die ehemaligen Provinzen West- und Ostpreußen (Deutschordensland Preußen) mit Bütower und Lauenburger Land, München-Berlin, 1993, pp. 24-25; G. Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, Berlin, 2012, pp. 200-201; <www.kuratorium-arnau.net>.
[10] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 163; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 485.
[11] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 215; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 609; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit. p. 301.
[12] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 257; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 652; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit. p. 208; <www.ostpreußen.net>.
[13] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit. p. 206; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 16; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit., p. 304.
[14] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 66; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 482; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit. p. 163.
[15] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 57; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 341; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit., p. 177; <www.kumehnen-samland.de>.
[16] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 33; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 684; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit., p. 309.
[17] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 76; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 203; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit. p. 312; <www.ostpreußen.net>.
[18] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 45; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 23; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit., pp. 319-320; <www.ostpreußen.net>.
[19] Bachtin-Doliesen, Vergessene Kultur, cit., p. 180; Antoni, Dehio-Handbuch, cit., p. 362; Strunz, Königsberg-Kaliningrader Gebiet, cit., p. 258; <www.ostpreußen.net>.
[20] Le chiese di Königsberg. Dove sono i loro fedeli?, lettera di S. Tozzi e risposta di S. Romano in «Corriere della Sera», 16 gennaio 2011, anche per la citazione seguente, http://archiviostorico.corriere.it/2011/gennaio/16/CHIESE_KONIGSBERG_DOVE_SONO_LORO_co_9_110116053.shtml
[21] Vedi anche J.C. Moses, The Politics of Kaliningrad Oblast: a Borderland of the Russian Federation, in «The Russian Review», 63, 1, January 2004, pp. 107-129; P. Savodnik, Kaliningrad, in «The Wilson Quarterly», 27, 2, Spring 2003, pp. 16-22; C.S. Browning, The Internal/External Security Paradox and the Reconstruction of Boundaries in the Baltic: The Case of Kaliningrad, in «Alternatives: Global, Local, Political», 28, 5, November-December 2003, pp. 545-581; C. Connor, Kaliningrad in the New European Order, in «New Zealand Slavonic Journal», 2001, pp. 211-217; G. Herd, Competing for Kaliningrad, in «The World Today», 55, 12, December 1999, pp. 7-8; F. Coleman, The Kaliningrad Scenario: Expanding NATO to the Baltics, in «World Policy Journal», 14, 3, Fall 1997, pp. 71-75.
[22] Le chiese di Königsberg, cit.
[23] Karpenko, The debate, cit. 

© 2019 Christof Ringler

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